Il risveglio dopo una batosta è sempre molto difficile. All’inizio speri ingenuamente che sia stato tutto un brutto sogno, ma dopo pochi secondi realizzi che è la dura realtà. Non è diverso dopo la pesante sconfitta di Carrara, vero spartiacque di un terzo di campionato, che ci ha consegnato una squadra fragile e impaurita. Cerchiamo di analizzare la situazione a mente fredda dopo questa sconfitta partendo proprio dalla giornata di ieri.

CARRARESE-PISA“Ma il Pisa dov’è?” urlano i tifosi neroazzurri alla fine di Carrarese-Pisa. Fragili e molli, come un cucciolo impaurito consegnato alle intemperie. Questo è il Pisa che ieri è stato umiliato dalla Carrarese dopo 90 minuti in cui (e non esageriamo) se i padroni di casa avessero segnato 6 o 7 gol non avrebbero avuto niente da recriminare. Le statistiche sono impietose: 60% di possesso palla per i gialloblu, una ventina di conclusioni verso la porta contro tre scarse. Il Pisa è stato surclassato dall’inizio alla fine, con i quattro attaccanti della squadra di Baldini costantemente all’uno contro uno contro i difensori neroazzurri. C’è un’immagine che mi è rimasta scolpita in mente dopo la partita di Carrara. Riguarda il rientro dagli spogliatoio dopo l’intervallo. I giocatori del Pisa, già sotto di due gol, sono rientrati in campo in silenzio, sommessi e abbattuti, già sconfitti. Quelli della Carrarese si davano grandi pacche sulle spalle e abbracci urlando, forti delle loro convinzioni: “Facciamogli anche il terzo e il quarto!”. Questo la dice lunga sul carattere delle due squadre. Sabato, durante la conferenza stampa pre partita, avevo posto a mister D’Angelo questa domanda in apertura: “Da Carrara hanno caricato tantissimo questa partita. Cosa risponde a chi dice che il Pisa Si deve preoccupare?” La risposta che è arrivata, “noi ci preoccuperemo della Carrarese”, seppure un po’ provocatoria, non mi ha soddisfatto per niente. Mi sarei aspettato qualche dichiarazione d’impatto, ma da un po’ di tempo a questa parte le dichiarazioni sono troppo monocordi a mio avviso. È vero, ci sono partite che devono essere considerate “solo da 3 punti”, ma altre come un derby o uno scontro diretto che forse avrebbero bisogno, anche per lo stesso ambiente, di essere caricate a dovere. Non è successo per Carrarese-Pisa, come già non era successo in altre occasioni. E il risultato in campo si è visto. Resta un’unica grande domanda dopo questa partita: è tutto qui questo Pisa? Perché si fatica a pensare che con tutti questi limiti, ormai troppi ed evidenti, la squadra possa pensare davvero di competere ad alti livelli.

DIFETTIChiariamo subito un concetto: criticare dando fiato alla bocca, alla penna o alla tastiera, se non si analizzano seriamente i problemi, equivale a un inutile urlo fine a sé stesso. È per questo che dopo la finestra di mercato e dopo il primo periodo di crisi avevo provato ad analizzare la situazione cercando di capire come uscirne. Come già detto in tempi non sospetti, non mi convince la difesa. Al di là dei numeri, perché la squadra finora ha subito meno gol di altre realtà del girone, non mi convinceva dopo la fine del calciomercato e non mi convince adesso. Il Pisa non può pensare di presentarsi a lottare per un posto al sole con i centrali contati, dovendo riadattare addirittura dei terzini (Liotti, Birindelli) o dei centrocampisti centrali (De Vitis, Gucher) nel ruolo di centrale difensivo dopo che al primo infortunio nascono subito delle condizioni di emergenza. Inoltre ancora non riesco a capire come si siano volute affidare le chiavi della difesa ai giovani e a un giocatore, Masi, la cui integrità fisica è costantemente in dubbio. Le condizioni di scommessa, col tempo hanno lasciato spazio al rischio. Non parliamo poi degli esterni, difensivi e non, anche qui contati sulle dita di una mano. Il problema degli esterni rende addirittura impossibile (a meno di non riadattare qualcuno fuori ruolo) passare a un 4-4-2 scolastico, ma costringerà il Pisa a giocare col 3-5-2 almeno fino a gennaio. In attacco poi, tra problemi di prolificità e anche un po’ di sfortuna, i difetti sono evidenti. Moscardelli ha avuto più problemi di integrità fisica del previsto che lo hanno lasciato ai box per molto tempo. Nonostante questo, due gol in sette partite sono troppo pochi anche per lui, a volte troppo spesso costretto ad abbassarsi per trovare palla, a volte esagerando con insensate conclusioni dalla distanza e improbabili acrobazie. Il problema è che sembra non esserci un vice Moscardelli adeguato. Masucci è al momento la migliore alternativa, ma non ha un partner offensivo capace di finalizzare. Cuppone può giocare anche come esterno, ma deve lavorare molto sui fondamentali, Marconi, al di là di un gol da cineteca, ha segnato due reti in dodici partite e Cernigoi al momento ha tutte le caratteristiche per essere ricordato tra i peggiori attaccanti della recente storia neroazzurra. A non aiutare gli attaccanti ci si mette anche un centrocampo che non rifornisce adeguatamente il reparto avanzato e non arrivano nemmeno cross adeguati dalle fasce. Liotti e Birindelli sono gli unici con un buon piede tra gli esterni, ma il primo viene riadattato centrale difensivo e il secondo non ha la continuità di rendimento che ormai ci si aspetterebbe da lui. Lisi invece arriva sempre sul fondo, ma non riesce mai a mettere palloni veramente pericolosi in mezzo. Il problema, come pensavo verso i primi di ottobre, sembra strutturale. E ancora non riesco a farmene una ragione sull’aver regalato due caselle over, oltre a privarsi di un eventuale giocatore bandiera, che avrebbero fatto davvero molto comodo.

RESPONSABILITA‘ – La responsabilità comunque non dev’essere tutta dei giocatori, ma condivisa tra squadra, che non riesce a essere incisiva con un impegno incostante, direzione tecnica di allenatore e direttore sportivo, ma anche della società che comunque ha operato delle scelte e nel calcio si sa, i primi responsabili di un eventuale fallimento sono sempre presidente e dirigenti.

Gemmi si arrabbia con la panchina (foto Sestaporta)

TUTTO DA BUTTARE? – Cose buone ci sarebbero. Piace moltissimo Gori, vero ultimo baluardo di una squadra al momento letteralmente allo sbando e tra le più belle sorprese degli ultimi anni. Se possibile però le folgoranti prestazioni dell’estremo difensore neroazzurro non fanno altro che accentuare i difetti della difesa, invece di nasconderli. Marin e Zammarini possono essere giocatori sui quali poter costruire qualcosa, ma specialmente il secondo deve trovare continuità, così come Birindelli. La fascite plantare di De Vitis ci ha poi consegnato un’altra certezza: quando manca lui la squadra soffre troppo e c’è tanto bisogno di questo giocatore in mezzo al campo. Un’altra nota lieta è quella del gruppo, positivo, cosa che avevo già analizzato con un articolo dedicato. Anche se ieri il gruppo ha scricchiolato, con uno sfogo dettato dal nervosismo del DS Gemmi dopo il secondo calcio di rigore fischiato e che ha coinvolto tutta la panchina neroazzurra, ma anche mister D’Angelo, due diverbi in due momenti diversi immortalati dagli obiettivi dei fotografi a bordo campo. Speriamo siano solo episodi di passaggio che non abbiano intaccato almeno l’unità dell’ambiente.

D’Angelo, Masucci e Gemmi discutono (foto Sestaporta)

STORIA – Dopo la partita ieri, ho iniziato a spulciare qualche vecchio almanacco cercando di trarre ispirazione dalla storia recente e non. Sono arrivato a una conclusione: forse a Pisa non è possibile pensare di ottenere risultati in categorie minori con una squadra principalmente di giovani. Se prendiamo i risultati degli ultimi campionati ci si rende conto che le promozioni in B siano arrivate partendo da un’ossatura di esperienza e/o dal carattere forte (Pisa di Braglia e Gattuso) o comunque con giovani solo affiancati ad autentici “criminali di categoria”. Quando ieri si è visto Caccavallo palleggiare in faccia ai centrocampisti del Pisa per ben 10 secondi, irridendo e umilando i nostri calciatori, ho avuto la sensazione che se ci fosse stato un Ferrigno lì in mezzo, probabilmente Caccavallo avrebbe terminato la sua stagione all’ospedale. Ma in realtà il discorso dei giovani si può ampliare alle realtà più importanti della Serie C, non solo al Pisa. Piazze dal grande seguito hanno ottenuto i risultati solo spendendo tanto o affidandosi a squadre esperte dove c’è molta pressione, mentre realtà dal minor seguito hanno potuto permettersi di ottenere risultati costruendo tutto con i giovani e con grande calma e tranquillità. Il Pisa potrebbe permettersi di affidarsi alla linea verde paradossalmente soltanto dopo aver raggiunto categorie importanti, in cui ovviamente una retrocessione dalla Serie A o un campionato di metà-alta classifica in B non rappresenterebbe un grosso dramma per la piazza che sarebbe più disposta ad accettare un progetto così. D’altronde anche Romeo Anconetani agli inizi si affidò agli esperti della categoria o a giocatori con un carattere forte (Stagione 1978-79), prima di capitalizzare con talenti stranieri o italiani, rivendendoli a peso d’oro dopo averli scoperti e valorizzati tra Serie A e B.

ACCONTENTARSI – Veniamo alla frase che dà il titolo all’articolo: “scusate, ma non mi accontento”. Da tifoso, prima ancora che da giornalista, non riesco ad accontentarmi. Per la mia generazione a tinte neroazzurre, la Serie A rimane una chimera, mai vista e conosciuta se non su Sky. È vero, la storia ci dice che il Pisa manca dalla massima Serie da quasi 30 anni e che negli ultimi 25 anni il Pisa ha disputato solo 3 campionati di Serie B. Non ci nascondiamo, la dimensione del Pisa, tolta l’epoca d’oro di Anconetani, è quella della Serie C. Eppure io non voglio accontentarmi. Non è giusto farlo, perché bisogna sempre cercare di dare sostanza ai sogni. Pisa è una tifoseria e una piazza che ha tanto sofferto e meriterebbe di più, lo dicono i numeri della passione e non solo. Due fallimenti che bruciano ancora come macigni, svariate ingiustizie subite dai vertici delle federazioni, un altro fallimento scongiurato. Se in molti si sfogano sui social, nei bar della provincia o sugli scalini dell’Arena, non lo fanno certo perché non sono tifosi e mi sento di difendere chi esce dallo stadio con frustrazione negli ultimi tempi. Io non ho mai creduto all’adagio “Il Pisa si ama, non si discute”. No, per me il Pisa, proprio perché si ama, si deve discutere. Ma non discutere in maniera becera e ottusa, ma criticando costruttivamente, magari con unità di intenti, cercando di trovare una soluzione. Ma perché tanti tifosi sono così arrabbiati? Perché da questa società si aspettano tanto e vogliono che sia dato seguito alle promesse fatte iniziali: uno stadio nuovo, la Serie A e, addirittura, l’Europa League. Perché c’è la convinzione che questa sia una società seria, fatto acclamato anche da altri presidenti e dai vertici del calcio italiano e perché si vuole dimenticare un passato recente fatto di banditi, approfittatori e malfattori. E forse, diciamoci la verità, c’è anche un fondo di paura, perché un giorno nessuno di noi vorrebbe svegliarsi e rendersi conto di punto in bianco, che a Pisa fare calcio di livello non sia possibile.

ATTENZIONE – Per questo la società deve stare attenta, perché tanti stanno diventando indifferenti e il rischio è quello di perdere tifosi allo stadio. Ma in un momento in cui il Pisa si deve basare sulle proprie forze, come disse Corrado “mangiamo per quello che cacciamo” e con minori introiti derivanti dagli sponsor, perdere anche tifosi potrebbe essere un boomerang per mantenere una squadra che possa contare solo sulle proprie forze e con un budget inferiore rispetto all’anno precedente, senza tornare a fare investimenti a perdere, coscienti che la Serie C sia solo un bagno di sangue.

OBIETTIVI – È vero, non bisogna essere disfattisti e bisogna cercare di essere ottimisti, pur conservando uno spirito critico. Siamo a novembre e ci sono ancora 2/3 di campionato davanti a noi. Ma proprio perché siamo a novembre ancora non è chiaro quali siano gli obiettivi di questo Pisa. Quando la squadra va bene si tende a tenere i fari spenti sui risultati, quando invece le cose vanno male si percepisce del nervosismo e la voglia, da parte di DS e allenatore, di voler far meglio e lottare per le posizioni che contano. Forse gli indizi di inizio anno, quelli di un campionato di transizione, alla fine stanno corrispondendo a realtà. Si è anche pensato che l’obiettivo primario potesse essere lo stadio, ma quando siamo quasi all’alba di dicembre e col nuovo anno in vista, non è ancora stata firmata una convenzione tra il Pisa e il Comune (che manca da anni) e la speranza è che venga fatto quanto prima. L’obiettivo però, pare essere prima di tutto la Serie B, come ha rivelato il presidente Corrado agli studenti di Economia pochi giorni fa. Qualsiasi siano gli obiettivi, appare chiaro che a gennaio si dovrà intervenire sul mercato per dare una svolta a questa stagione, se dicembre confermerà quello che è il trend di questo primo terzo di campionato. Perdere tutti gli scontri diretti (Piacenza, Siena, Virtus Entella, Carrarese) è una cosa che deve far riflettere, altrimenti nemmeno ai playoff potremmo sperare di poter ottenere qualche risultato. L’importante è avere chiarezza e una concezione chiara di quello che sarà il prossimo futuro per i nostri colori. Per il momento, in attesa di comprendere, non mi resta che parafrasare l’amico Raffaele Latrofa: “sono un giornalista e non capisco, qualcuno mi può spiegare?”

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Michele Bufalino
Giornalista pubblicista pisano, nel 2009 ha scritto il libro ufficiale del Centenario del Pisa Calcio, il volume "Cento Pisa" per la CLD Libri. Nel 2010 ha portato alla luce lo scandalo delle bici truccate e collaborato con la giustizia italiana nell'inchiesta aperta dal PM Guariniello. Ha scritto "La Bici Dopata" suo terzo libro uscito ad Aprile 2011. Addetto stampa del CUS Pisa tra il 2013 e il 2015. Corrispondente da Pisa per Radio Sportiva. Conduce "Finestra sull'Arena", il talk show di Sestaporta TV in onda tutti i giovedì alle 21. Collaboratore de "La Nazione" di Pisa da agosto 2018