La grande mostra d’autunno a Palazzo Blu celebra la stagione d’oro dell’arte europea attraverso lo sguardo raffinato di tre grandi pittori italiani nella Parigi della modernità.
Dal 15 ottobre 2025 al 7 aprile 2026, Palazzo Blu di Pisa presenta “BELLE ÉPOQUE. Pittori italiani a Parigi nell’età dell’Impressionismo”, una grande mostra che esplora la nascita della modernità artistica ed europea attraverso i capolavori di Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi, protagonisti assoluti della scena parigina a cavallo tra Otto e Novecento.
L’esposizione, curata dalla storica dell’arte professoressa Francesca Dini, tra i più autorevoli studiosi ed esperti del secondo Ottocento italiano, è promossa dalla Fondazione Palazzo Blu, organizzata da MondoMostre con il contributo di Fondazione Pisa e vanta la prestigiosa collaborazione della Pinacoteca De Nittis di Barletta.
Con circa 100 opere provenienti da prestigiosi musei internazionali e italiani — tra cui il Musée d’Orsay, il Louvre, il Philadelphia Museum of Art, il Meadows Museum of Art di Dallas, il Detroit Institute of Arts, Museo d’arte moderna André Malraux di Le Havre, Palazzo Te di Mantova, le Gallerie degli Uffizi, il Museo di Capodimonte, la Pinacoteca Giuseppe De Nittis di Barletta, il Museo Giovanni Boldini di Ferrara — e da collezioni private francesi e italiane, il progetto espositivo si propone non solo di raccontare la bellezza e l’eleganza della Belle Époque, ma anche di storicizzare criticamente il ruolo dei pittori italiani a Parigi, spesso relegati a una funzione decorativa o compiacente, eppure centrali nella definizione visiva della modernità europea.
La mostra BELLE ÉPOQUE nasce da un’esigenza tanto estetica quanto critica: valorizzare il contributo degli artisti italiani attivi a Parigi negli anni della Belle Époque, riconoscendone l’originalità e la complessità, al di là dei cliché di pittura facile e gradevole. Le opere di Boldini, De Nittis e Zandomeneghi, tutte caratterizzate da una raffinatezza formale straordinaria, non sono solo immagini di eleganza o piacere mondano, ma strumenti attivi di lettura del loro tempo.
Come spiega Francesca Dini, “questa mostra rappresenta un viaggio nella storia culturale europea, attraverso artisti italiani che hanno saputo trasformare la propria pittura in linguaggio internazionale, senza mai dimenticare le proprie radici. Non si tratta solo di una raccolta di “capolavori belli da vedere”, ma del tentativo di dare voce e contesto a un periodo cruciale, restituendo profondità a un momento spesso banalizzato dalla sua stessa seduzione estetica.”
L’esposizione racconta una Parigi crocevia d’Europa e il percorso cosmopolita degli artisti italiani che lì scelsero di vivere e lavorare. Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi si trasferiscono nella capitale francese tra il 1867 e il 1874, attratti dal dinamismo culturale e dalle opportunità offerte da una metropoli in pieno fermento, sospesa tra la fine del Secondo Impero e l’alba della Terza Repubblica. A Parigi trovano un terreno fertile per sviluppare la propria ricerca pittorica: collaborano con i mercanti d’arte più influenti, come Goupil, dialogano con artisti come Degas, Manet e Renoir, frequentano i circoli intellettuali e i caffè della nuova bohème. Eppure, pur immersi nel cuore pulsante della modernità europea, mantengono un legame profondo con le proprie radici, soprattutto con la cultura toscana e l’eredità del realismo macchiaiolo.
Il milieu macchiaiolo da cui provengono li guarda inizialmente con sospetto: il successo internazionale sembrava venire a scapito dell’integrità artistica. Eppure, già nel 1878, Diego Martelli — teorico del gruppo dei Macchiaioli — riconosce a De Nittis una grandezza superiore: non solo il migliore tra gli italiani all’estero, ma “superiore come fine dell’arte”.
Il dialogo con la modernità parigina è dunque tutt’altro che passivo. Boldini ne diventa l’interprete più mondano, De Nittis il cronista sensibile, Zandomeneghi il pittore della quotidianità borghese, vicinissimo alla sensibilità impressionista. Ma tutti e tre rielaborano questa esperienza filtrandola attraverso una memoria culturale italiana, costruita tra Firenze, Napoli e Venezia, che rende la loro produzione profondamente originale e diversa dai colleghi francesi.
Il percorso si articola in nove sezioni tematiche, che restituiscono l’atmosfera di un periodo denso di contraddizioni: tra progresso tecnico e disuguaglianze sociali, tra euforia borghese e ferite storiche irrisolte.
In occasione della mostra verrà inoltre proposto un ciclo di conferenze dedicate al periodo della Belle Époque, con interventi di critici d’arte, storici e accademici che ne esploreranno i molteplici aspetti culturali e sociali.
Introduzione
Questo viaggio nella Belle Époque parigina intende storicizzare il ruolo di tre grandi artisti italiani: Giovanni Boldini (Ferrara, 1842-Parigi, 1931), Giuseppe De Nittis (Barletta, 1846-Saint-Germain en Laye, 1884) e Federico Zandomeneghi (Venezia, 1941-Parigi, 1917), protagonisti a Parigi di una pittura elegante e moderna, spesso relegata al solo ambito del gusto collezionistico. Radicati nella cultura macchiaiola, ma aperti alla vitalità della capitale francese, i tre trovano nella metropoli non solo successo, ma una patria elettiva. Parigi, uscita dalla sconfitta di Sedan e dai drammi della Comune, si reinventa capitale internazionale delle arti, capace di attrarre talenti da tutta Europa. In questo contesto, anche i dipinti più mondani rivelano la complessità di un’epoca e il desiderio di raccontarne lo spirito. La loro arte, raffinata e cosmopolita, anticipa l’immagine di Parigi come icona mondiale di stile, eleganza e modernità.
1- Dalla sconfitta di Sedan alla Comune di Parigi
La caduta di Napoleone III a Sedan (1870) apre una stagione di crisi e rivolte. Parigi è assediata dai prussiani e poco dopo insorge contro il governo nazionale dando vita alla Comune: un esperimento rivoluzionario soffocato nel sangue dopo due mesi. Artisti come Gustave Courbet (Ornans, 1819-La Tour-de-Peilz, 1877) partecipano attivamente, mentre Édouard Manet (Parigi, 1832-Parigi, 1883) e Maximilien Luce (Parigi, 1858-Parigi, 1941) documentano il dramma umano e sociale. Intanto, in Italia, Garibaldi guida l’ultima impresa risorgimentale a Digione, affiancato da figure come il pittore Carlo Ademollo (Firenze, 1824-Firenze, 1911). Con la repressione della Comune si chiude un’epoca: la figura dell’artista-soldato lascia spazio al pittore-flâneur, interprete della vita moderna. Opere di Ernest Meissonier (Lione, 1815-Parigi, 1891), Manet, Luce, Ademollo e Sebastiano De Albertis (Milano, 1828-Milano, 1897) raccontano la fine dell’eroismo risorgimentale e l’inizio di una nuova sensibilità urbana e borghese.
2- La rinascita di Parigi
Dopo la guerra franco-prussiana e i tumulti della Comune, Parigi rinasce con slancio, diventando simbolo della modernità europea. La città si trasforma in una metropoli vivace, elegante e cosmopolita, capitale culturale della Belle Époque. Boldini e De Nittis colgono questo fermento, adattando il loro realismo alla nuova estetica urbana. Nelle loro opere raccontano la vita moderna: il lusso, la moda, i parchi, le corse ai Bois. Parigi è crocevia di talenti e centro di sperimentazione artistica. Qui i pittori italiani non solo si affermano, ma contribuiscono a definire l’immagine della città più iconica del XIX secolo.
3.1 – La Maison Goupil, Fortuny e l’Italia
Fondata nel 1829, la Maison Goupil è il cuore del mercato artistico internazionale dell’Ottocento. Con sedi in Europa e negli Stati Uniti, promuove una pittura raffinata, brillante, accessibile: piccoli formati, soggetti in costume, virtuosismo tecnico. Al centro di questa rete, Mariano Fortuny Y Marsal (1838 – 1874) diventa un astro nascente, ammirato da collezionisti e artisti. Il suo soggiorno a Portici nel 1874 – esposto per la prima volta in Italia il suo capolavoro Spiaggia a Portici – ispira la giovane pittura meridionale e figure emergenti come Antonio Mancini (Roma, 1852-Roma, 1930), Francesco Paolo Michetti (Tocco da Casauria, 1851-Francavilla al Mare, 1929) e Alceste Campriani (Terni, 1848-Lucca, 1933), presto valorizzati da Goupil. L’influenza del pittore catalano rinnova l’arte italiana del Centro-Sud e la apre al mercato europeo.
3.2 – Il sogno del Settecento: Boldini e l’eleganza del passato
Boldini guarda al Settecento come fonte di eleganza, teatralità e seduzione. Nei suoi dipinti in costume, l’omaggio all’ancien régime diventa moderno virtuosismo. Sostenuto dalla Maison Goupil, il pittore ferrarese conquista collezionisti con opere raffinate e brillanti. Il suo “settecentismo” non è nostalgia, ma strategia estetica: una pittura spettacolare, capace di evocare un passato ideale e insieme affermare l’identità europea dell’arte italiana nel nuovo mercato internazionale.
4 – Boldini e De Nittis, pittori della vita moderna
Boldini e De Nittis sono tra i più brillanti interpreti della vita moderna parigina di fine Ottocento. Ispirati da Fortuny e sostenuti dalla Maison Goupil, traducono il gusto borghese per l’eleganza e l’attualità con una pittura scintillante, colta e seducente. Se De Nittis guarda alla luce dell’Impressionismo con occhio realistico, Boldini punta su atmosfere vibranti e figure in movimento, oscillando tra sogno settecentesco e modernità urbana. Entrambi rappresentano l’artista flâneur caro a Charles Baudelaire: cronisti raffinati della metropoli, capaci di cogliere con grazia e sensualità il battito del loro tempo.
5 – Casa De Nittis
La casa di De Nittis a Parigi fu molto più di una dimora borghese: era un salotto cosmopolita, animato da artisti, scrittori e intellettuali italiani, francesi e inglesi. Edgar Degas (Parigi, 1834-Parigi, 1917), Émile Zola, Edmond de Goncourt, Jules Claretie e Manet vi si ritrovano tra opere d’arte, ceramiche giapponesi, conversazioni brillanti e musica. Accanto a De Nittis, la moglie Léontine curava con discrezione ogni dettaglio della vita domestica, trasformando la casa in uno spazio di eleganza e condivisione. Qui l’artista sviluppò uno stile personale, legato all’Impressionismo e all’arte orientale, e portò il pastello a una nuova modernità. “Casa De Nittis” è il cuore della sua vicenda umana e creativa: riflesso dei suoi affetti, del suo gusto e della sua visione dell’arte come forma di vita.
6 – Zandomeneghi con gli Impressionisti: la via dell’avanguardia
A Parigi, negli anni Settanta dell’Ottocento, Zandomeneghi entra in contatto con gli Impressionisti, partecipando a quattro delle loro mostre. Affascinato dalla luce, dal colore e dalla modernità della vita urbana, sviluppa un linguaggio pittorico personale, che unisce la lezione italiana alla ricerca francese. Il suo sguardo si concentra spesso sull’universo femminile, trattato con grazia e intimità, in un equilibrio tra innovazione formale e sensibilità lirica. In dialogo con Degas, Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 1841-Cagnes-sur-Mer, 1919) e Mary Cassatt (Allegheny, 1844- Château de Beaufresne, 1926), Zandomeneghi occupa una posizione autonoma nella scena parigina: egli si rivela un interprete originale dell’avanguardia impressionista .
7 – Verso un cliché europeo di elegante modernità
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a Parigi nasce una nuova sensibilità pittorica che celebra l’eleganza femminile come simbolo di modernità. Artisti italiani, francesi e spagnoli condividono un linguaggio raffinato, influenzato dall’industria della moda e dalla stampa illustrata. Protagonista è Boldini, che si dedica a ritratti vibranti e sensuali. Accanto a lui, pittori spagnoli come Raimundo de Madrazo y Garreta (Roma, 1841-Versailles, 1920), Vicente Palmaroli (Zarzalejo, 1834-Madrid, 1896) e Rogelio de Egusquiza (1845-Madrid, 1915) contribuiscono a definire un’estetica sofisticata e cosmopolita. La sezione riscopre anche opere e attribuzioni, come Signora ritratta nel suo salotto parigino, oggi assegnata a Palmaroli. Ne emerge un “cliché europeo” di donna moderna, sognante ed elegante, con Parigi come fulcro ispiratore.
8 – Boldini, Helleu, Sargent: scandalo, amicizia e rivalità alle origini del ritratto mondano
Negli anni Ottanta dell’Ottocento, John Singer Sargent (Firenze, 1856-Londra, 1925), Boldini e Paul César Helleu (Vannes, 1859-Parigi, 1927) si affermano come protagonisti della nuova ritrattistica moderna, tra Parigi e Londra. Lo scandalo suscitato dal Ritratto di Madame X (1884) spinge Sargent verso l’Inghilterra, lasciando a Boldini lo studio parigino e un’eredità artistica da sviluppare. I tre artisti condividono soggetti, frequentazioni e approcci: la brillante società internazionale, la modernità dei costumi, l’eleganza dell’effimero. Ognuno declina il ritratto secondo la propria sensibilità: l’allure teatrale e dinamica di Boldini (in mostra il Ritratto del Piccolo Subercaseux, prestito eccellente del Museo Boldini di Ferrara), l’intimismo luminoso di Helleu, la raffinatezza psicologica di Sargent. Tra mondanità, introspezione e stile, nasce un nuovo ideale femminile, seducente e inquieto, simbolo di una modernità elegante e dinamica.
9 – La Belle Époque in Toscana
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, anche la Toscana vive il fascino della Belle Époque, epoca di progresso, eleganza e nuove sensibilità artistiche. Il dialogo con Parigi, capitale dell’arte moderna, avviene grazie ai soggiorni di molti artisti toscani e alle Esposizioni Universali, visitate dai Gioli, da Cannicci, da Gordigiani. La pittura si aggiorna attraverso il naturalismo, il ritratto di società e l’Impressionismo, rielaborati in chiave personale e locale. Fioriscono salotti, riviste, mostre ed eventi, come la Festa dell’Arte e dei Fiori a Firenze. Luoghi come Livorno, Pisa, Castiglioncello e Fauglia diventano crocevia di esperienze e visioni, tra tradizione e modernità. Il gusto per l’intimità domestica, la mondanità balneare e il sogno, si riflette in uno stile raffinato e in una visione poetica della realtà quotidiana di cui è massima espressione In lettura sul mare di Vittorio Corcos.
La Belle Époque fu molto più di un’epoca felice: rappresentò un momento unico in cui arte, scienza e pensiero positivista contribuirono a costruire un’immagine vincente della metropoli europea. Parigi, pur reduce da una sconfitta militare, seppe trasformarsi in simbolo globale di eleganza e modernità, anche grazie all’apporto di artisti stranieri, italiani in primis.
I piccoli ma preziosi quadri di De Nittis e Boldini varcarono l’oceano, furono acquistati dalle grandi collezioni americane, entrarono nei musei e nelle case dell’alta borghesia, cambiando per sempre l’idea di arte moderna.
Con questa mostra, Palazzo Blu conferma il proprio impegno nella valorizzazione della cultura visiva dell’Ottocento e nell’offerta di percorsi espositivi originali, documentati e di respiro europeo, capaci di coinvolgere sia il pubblico degli specialisti sia quello più ampio e curioso.
La mostra Belle Époque è anche un’opportunità per costruire e rafforzare le già solide collaborazioni con il territorio, sia dal punto di vista del tessuto commerciale e turistico della città, grazie alle collaborazioni con Federalberghi e Confcommercio Pisa, che in ambito sportivo – il 23 novembre all’Ippodromo di San Rossore si terrà il Premio Belle Époque – che naturalmente in ambito culturale con una rassegna cinematografica realizzata ad hoc che, a partire da gennaio 2026, sarà proposta, in collaborazione con il Cineclub, presso il cinema Arsenale.