In attesa e nella speranza che il ricorso al Tar che sarà discusso il 25 novembre possa fare giurisprudenza in positivo e attuare una sospensiva a una scellerata decisione di punire tutti, mi sia consentito un commento per analizzare la situazione, mentre si moltiplica il fronte di chi va contro queste restrizione. Intanto per i tifosi dell’Inter servirà la tessera del tifoso per assistere alla gara col Pisa del 30 novembre.

IL CASO MANTOVA – Quello che stiamo vivendo in queste settimane, non solo per la decisione di bloccare le trasferte dei tifosi nerazzurri, ma anche per quanto accade nel resto d’Italia, come ad esempio ai tifosi del Mantova (scopri di più), è l’ennesimo segno di un sistema che non funziona più.

IL CASO LAZIO – C’è anche il caso Lazio. Vietare a un intero settore di tifosi di muoversi, sulla base di timori generici e di responsabilità non dimostrate, è una scelta che sa di resa. Una misura che molti giuristi considerano anche discutibile dal punto di vista costituzionale.

TESSERA OBBLIGATORIA PER I TIFOSI DELL’INTER, ORMAI HA SENSO QUESTO STRUMENTO? – Dentro questo quadro già confuso spunta di nuovo la tessera del tifoso. Per la gara con l’Inter, chi vorrà venire a Pisa dovrà averla. Sembra un paradosso continuo: si impone uno strumento nato anni fa come “fidelizzazione”, venduto come prodotto commerciale, ma che nei fatti è stato solo un modo per schedare persone sotto la copertura di un cartoncino colorato. La cosa assurda è che la tessera dovrebbe garantire sicurezza e tracciabilità, ma poi arrivano comunque i divieti di trasferta. Allora a cosa serve? A nulla. Se chi ha la tessera non può comunque viaggiare, se basta una circolare tardiva per cancellare la presenza di un intero settore, vuol dire che lo strumento non funziona. Eppure, ogni documento ufficiale e linea guida ministeriale parla sempre delle stesse cose: stadi moderni, famiglie, festa, legalità, vicinanza al campo, nuovi impianti che dovrebbero avvicinare il pubblico. Parole ripetute per anni, che non coincidono mai con la realtà. Si parla di “includere le famiglie”, ma si usano strumenti che in passato hanno allontanato proprio le famiglie. Si dice di voler eliminare le barriere, ma se ne creano altre, più sottili ma più invasive.

I TIFOSI NON SONO PIU’ PERSONEIl tifoso oggi non è più una persona, ma un numero. Un cliente. Un consumatore al quale si può chiedere di tutto, tranne riconoscere dei diritti. Lo abbiamo visto anche con i tifosi del Bari, informati dello stop della gara Sud Tirol-Bari nello scorso campionato di Serie B solo dopo aver speso tempo e soldi. E vale anche per Pisa-Lazio: biglietti presi, treni e pullman pagati, poi la comunicazione del divieto arrivata quando era già tutto deciso, così come Pisa-Milan. Una presa in giro. Nessuna tutela, nessuna compensazione. In qualsiasi altro settore commerciale sarebbe impensabile. Perché nel calcio invece non è così?

I DIVIETI SENZA SENSO – Intanto si va avanti con divieti generalizzati, come se fosse normale punire migliaia di persone per la colpa di pochi. È una deriva pericolosa, che mette a nudo un problema chiaro: chi deve garantire l’ordine pubblico non riesce più a farlo. E anziché affrontare le situazioni, preferisce la scorciatoia. Una scelta che scarica sulle persone comuni l’incapacità delle istituzioni. C’è poi una questione più profonda. Le autorità non pagano mai per le loro scelte. Nessuno si assume la responsabilità dei disagi creati, dei soldi buttati, dei diritti calpestati. Il cittadino invece sì. Sempre. È un divario che ormai è sotto gli occhi di tutti. Ad esempio, quando il questore di Pisa Sebastiano Salvo fu trasferito dopo i fatti delle manganellate agli studenti o anche in seguito all’aver messo a ferro e fuoco la città solo perché si sospettava che pisani e spezzini venissero alle mani. Non una vera punizione, semplicemente un trasferimento, un rimpasto.

CALCIO CONTRADDITTORIO – Il calcio, nel frattempo, si conferma un ambiente contraddittorio. I tifosi servono quando devono riempire lo stadio, fare volume, comprare abbonamenti, produrre ricavi. E questo, dal punto di vista delle società, è ovviamente vitale. Ma quando si parla dei loro diritti, spariscono tutti. Specialmente le istituzioni, federazioni. Tutti muti. Si parla spesso di “valori”, ma poi le scelte raccontano altro: un mondo che spinge lontano lo spirito popolare e comunitario che ha reso grande questo sport. E questo è anche un danno per le società, oggi aziende multimilionarie devote ai nuovi crismi del marketing, che vengono danneggiati tanto quanto i tifosi stessi.

UN CLIMA REPRESSIVO DA “1984” – La verità è che ci stiamo abituando a un clima repressivo, quasi “orwelliano”, dove si spegne ogni forma di partecipazione con provvedimenti automatici e senza logica. Un calcio che parla di inclusione, ma pratica l’esclusione. Che dice di voler riportare le famiglie allo stadio, ma crea un ambiente pieno di divieti, controlli e sospetti. Questo sistema ormai non ascolta più, non tutela, non rispetta. E finché nessuno avrà il coraggio di cambiare davvero, i tifosi resteranno solo questo: numeri da cancellare quando fa comodo.

LA SITUAZIONE – Intanto, a pochi giorni dall’udienza del 25 Novembre al TAR del Lazio sul ricorso contro il divieto di trasferta per i tifosi del Pisa, cresce il fronte delle adesioni in difesa della città e del suo tifo. Dopo il Centro di Coordinamento Pisa Clubs e il sostegno del CSI, anche Adiconsum Pisa ha deciso di costituirsi in giudizio contro il decreto del Ministero dell’Interno. L’associazione, guidata da Pier Luigi Masi e difesa dal professor Andrea Patanè, parla di “provvedimento ingiusto e discriminatorio” che punisce collettivamente una comunità intera, senza distinguere le reali responsabilità per i fatti avvenuti prima di Pisa-Hellas Verona. Una presa di posizione che riporta la questione su un piano più ampio, quello dei diritti civili e del rispetto dei cittadini, ricordando che i tifosi sono a tutti gli effetti “consumatori” da tutelare, non da penalizzare. Al di là di come andrà la vicenda, è comunque un segnale incoraggiante.

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Michele Bufalino
Giornalista pubblicista pisano, nel 2009 ha scritto il libro ufficiale del Centenario del Pisa Calcio, il volume "Cento Pisa" per la CLD Libri. Nel 2010 ha portato alla luce lo scandalo delle bici truccate e collaborato con la giustizia italiana nell'inchiesta aperta dal PM Guariniello. Ha scritto "La Bici Dopata" suo terzo libro uscito ad Aprile 2011. Addetto stampa del CUS Pisa tra il 2013 e il 2015. Corrispondente da Pisa per Radio Sportiva. Conduce "Finestra sull'Arena", il talk show di Sestaporta TV in onda tutti i giovedì alle 21. Ex collaboratore de "La Nazione" di Pisa fino a marzo 2025. Scrivo anche per Qui News Pisa e collaboro con Punto Radio.