Il momento più difficile di un campionato è quello in cui ci si sente stretti tra due emozioni opposte: la paura di buttare via tutto e la tentazione di cercare un colpevole subito. E’ il sentimento del tifoso, di chi ha comprensibilmente paura di vedersi scivolare tutto. Il Pisa oggi è lì, nel punto in cui la Serie A ti mette davanti allo specchio e ti chiede maturità. Non solo alla squadra, ma a tutti: società, addetti ai lavori, tifosi. Proviamo a trasformarlo nel “patto dell’equilibrio”.

Il manifesto della stagione del Pisa è contenuto in due concetti enunciati da Davide Vaira e da Giovanni Corrado durante la presentazione di Alberto Gilardino. “Questa è una stagione che sarà impegnativa e anche di sofferenza, dato che siamo una neopromossa. Negli anni il Pisa era visto come un top club. Il Pisa ora però manca dalla Serie A da 34 anni, dal punto di vista della credibilità dobbiamo farci conoscere, questo comporta pazienza e non cambia il modo di lavorare di questo club”. E ancora Corrado: “Siamo una neopromossa, conosciamo le difficoltà che ci riguardano e sappiamo di essere la neopromossa che manca da più tempo”. Fin dall’inizio dunque, fin dal 12 luglio 2025 era chiaro a tutti quale sarebbe stata la stagione del Pisa e ciò non è cambiato.

Cosa significa? Significa appunto soffrire, avere momenti duri anche in sede di calciomercato e non sempre portare a casa tutti gli obiettivi cercati sul mercato. Lasciando a volte qualcosa per strada e sapendo che tutta questa credibilità ed esperienza questa società sul piano delle trattative avrebbe dovuto acquisirla. Mi ronza in testa dunque un concetto semplice: il patto ideale. Quello non scritto, ma reale, che in una piazza come Pisa tiene insieme l’Arena, chi lavora tutti i giorni dentro al club e chi racconta la squadra. Un patto che non chiede di spegnere la critica, ma di darle un senso. Criticare per migliorare, non per distruggere.

C’è un ulteriore passaggio, rivelato proprio il giorno della promozione in Serie A da Giovanni Corrado ai microfoni di 50 Canale: “Dobbiamo dimostrare di essere una squadra e una dirigenza da Serie A. Abbiamo dimostrato di essere dirigenza da Serie B,  ora è un altro campo, potremmo sbagliare, ma non cambieremo la filosofia del club”. Corrado dice una verità scomoda: in Serie A non conta solo cosa vuoi fare, conta anche come ti percepiscono. Non c’è da vergognarsi. E allora la domanda, adesso, è una sola: siamo disposti a fare questo patto?

Un patto in cui la società ha il diritto di imparare. Di fare scelte giuste e anche scelte che potrebbero inizialmente non portare a niente. Di salvarsi all’ultimo respiro oppure di non farcela, ma di uscire da quest’anno con un bagaglio di esperienza che prima non c’era. Perché la Serie A è un altro gioco, un altro tavolo da gioco sul quale competere. E non si entra in un mondo nuovo senza prendere qualche “musata”, senza capire dove sbatti, senza misurare la distanza tra l’idea e la realtà.

Questa stagione non nasce dal nulla, non è stata solo merito di Inzaghi come vorrebbe far credere qualcuno, ma di tutte le componenti che, in questi anni, hanno portato il Pisa in Serie A, attraverso un lungo percorso. Il club è passato dalla Serie C alla Serie A, ha consolidato una proprietà, ha aperto a nuovi investitori, ha messo in moto progetti pesanti come il centro sportivo e lo stadio. È un percorso che ha cambiato il volto del Pisa, dalla struttura all’organizzazione, passando per il marketing come anche l’impianto scouting e sarebbe ingiusto dimenticarlo proprio adesso, quando la classifica morde e le tre sconfitte consecutive ti fanno perdere certezze.

È successo a tanti. Squadre che oggi consideriamo “stabili” hanno fatto anni di saliscendi. Hanno ballato tra categorie, hanno sbagliato allenatori, mercato, strutture, tempi. Atalanta, Empoli, Udinese, per dirne alcune che si sono conquistate una reputazione societaria di livello con metodo e rigore. Hanno costruito, si sono assestate, hanno messo anche in conto di tornare più forti di prima. E’ un percorso. E il Pisa, oggi, è nel punto più duro del percorso. Quando il presidente Giuseppe Corrado asserì, dopo la promozione che “la capacità di una società è anche quella di far capire che i momenti possono variare, ma la cosa più importante è la stabilità”, si riferiva proprio a questo.

Il patto, però, non è “andrà tutto bene, madama la marchesa”. Il patto è un’altra cosa: lottiamo fino alla fine, restiamo squadra anche fuori dal campo, non perdiamo la testa. Se ci salviamo, ce la siamo meritata. Se non ci salviamo, non si cancella tutto, si riparte più forti, con un’esperienza acquisita davvero, con solidità, struttura. Perché la Serie A, comunque vada, ti lascia qualcosa. E quel qualcosa, se lo proteggi, diventa futuro.

Per questo oggi serve equilibrio. A casa, in curva, in redazione, dentro la società. Non vuol dire applaudire sempre. Non vuol dire non criticare, perché le critiche ci vogliono, vuol dire non cambiare giudizio ogni domenica, non inseguire il nervo del momento, non buttare via l’identità che ci ha portati fin qui.

 

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Michele Bufalino
Giornalista pubblicista pisano, nel 2009 ha scritto il libro ufficiale del Centenario del Pisa Calcio, il volume "Cento Pisa" per la CLD Libri. Nel 2010 ha portato alla luce lo scandalo delle bici truccate e collaborato con la giustizia italiana nell'inchiesta aperta dal PM Guariniello. Ha scritto "La Bici Dopata" suo terzo libro uscito ad Aprile 2011. Addetto stampa del CUS Pisa tra il 2013 e il 2015. Corrispondente da Pisa per Radio Sportiva. Conduce "Finestra sull'Arena", il talk show di Sestaporta TV in onda tutti i giovedì alle 21. Ex collaboratore de "La Nazione" di Pisa fino a marzo 2025. Scrivo anche per Qui News Pisa e collaboro con Punto Radio.