E’ la storia di un attore che da Gerusalemme si mette in viaggio alla ricerca dell’Abramo perduto. Indaga l’origine delle tre grandi fedi monoteiste, entrando nel merito della comune discendenza abramitica. E’ questo “Figli d’Abramo” di Svein Tindberg (produzione Teatro del Loto) in scena venerdì 24 marzo alle 21 al Teatro Nuovo di Pisa, con musiche dal vivo di Giuseppe Moffa. Traduzione e regia di Gianluca Iumiento; proiezioni e immagini di Kezia Terracciano; adattamento di Stefano Sabelli. Un monologo che narra la storia millenaria in modo colto seppur con grande ironia e divertimento. Racconta però anche la storia di conflitti perenni e incomprensibili fra popoli, perpetrati in nome dello stesso Abramo, dei suoi figli – Ismaele e Isacco – e poi dei figli dei suoi figli. Popoli che, dalla lettura comparata e spesso sorprendente dei testi sacri, Torah, Vangelo, Corano, dovrebbero considerarsi fratelli gemelli. Sono rievocati mito e leggenda del primo profeta monoteista dell’Umanità. Un vero innovatore che a Ur dei Caldei, dove era nato, in Mesopotamia, rifiutò l’idolatria dei suoi tempi, per credere in un solo e unico Dio creatore. Da ribelle ai facili idoli, Abramo, divenne, per questo, il primo esule braccato dell’Umanità e il suo perenne peregrinare – dalla Mesopotamia all’Egitto; dalla Cisgiordania alla Penisola arabica; dal Mar Rosso al Mediterraneo – fu teso alla ricerca e all’approdo della Terra promessa.
Al botteghino martedì, mercoledì e giovedì 16-19 oppure a partire da un’ora dall’inizio dello spettacolo.