Ci ho pensato fino a notte fonda e rimetto penna all’articolo con la consapevolezza di averlo chiuso alle 3.24 del mattino. Questo perché, purtroppo, da Lecce non si può salvare nulla. Il Pisa è uscito dal Via del Mare senza mai dare l’idea di poterla girare davvero. Troppo lento, troppo prevedibile, troppo fragile quando il Lecce alzava ritmo e aggressività per una partita che, per come si è sviluppata, se i pugliesi avessero fatto di più, non avrebbero rubato nulla. Anche Gilardino oggi non si salva dalle critiche, che riguardano tutti.


NON E’ SOLO UN MOMENTO – Il Pisa ha ufficialmente il peggiore attacco del campionato. Purtroppo la gara di ieri sera ci ha consegnato ancora una volta una verità. Non si tratta di un momento no, come Giovanni Corrado aveva provato a dire la scorsa settimana. In realtà anche in maniera comprensibile, ergendosi a paladino della squadra e proteggendo il gruppo. Purtroppo questo Pisa ha dimostrato di avere limiti strutturali importantissimi e, anche con le parole di Gilardino nel dopo gara, è arrivata una sentenza. “Finora la squadra ha iperperformato”. Un concetto che, lo ammetto, sentito dire direttamente dalla bocca del tecnico, ha spento anche me. Finora molto ottimista sulle vicende pisane. Gilardino sta ancora cercando l’undici tipo: “Ho dato spazio un po’ a tutti, hanno giocato tutti, ma devo trovare davvero gli undici e i cambi che mi diano garanzie, soprattutto a livello mentale, per giocare e mantenere la categoria”. Frasi che dimostrano tutta la difficoltà del momento. Diventa fondamentale stringersi ancora di più attorno a questa squadra, ma l’analisi purtroppo oggi non può essere che impietosa.

QUESTO 3-5-2 HA FATTO IL SUO TEMPO – Il piano iniziale delle ultime partite ormai non sta più funzionando. Il 3-5-2 nasceva per reggere l’urto di chi provava a fare gioco per poi poi uscire sulle corsie, o per mettere due torri in avanti al costo di sacrificare alcune individualità, in luogo di poter fare pressione. In pratica la squadra ha difeso bassa, spesso schiacciata, ma senza trasformare quella fase in ripartenze pulite. I quinti non hanno trovato campo. E quando lo trovavano, mancavano tempi e compagni vicino per dare continuità. Il Lecce ha fatto una cosa semplice e fatta bene: pressione organizzata, seconde palle, riaggressione immediata. Ogni scarico sporco diventava un nuovo attacco. Ogni appoggio sbagliato riportava la palla addosso. Tutto quello che non ha saputo fare il Pisa. Il Lecce ti ha portato dove voleva.

IL MODO IN CUI E’ MATURATA LA SCONFITTAA preoccupare enormemente non è il risultato, ma come è maturato. Il Pisa è sembrato un passo indietro rispetto a se stesso: poco ritmo, poche idee, una squadra che gioca in apnea e che alterna frenesia e paura. E se la gara è rimasta in bilico per un’ora buona è anche perché il Lecce, davanti, ha sprecato parecchio: con più cattiveria il punteggio si sarebbe allargato senza fare scandalo. I salentini hanno avuto struttura e iniziativa: hanno cambiato assetto senza perdere aggressività e hanno continuato a spingere, soprattutto sulle seconde palle e sulle ripartenze nate dagli errori tecnici del Pisa. Nella ripresa il Pisa ha provato a rimettere a posto la difesa e poi a cambiare pelle, ma sono stati aggiustamenti che non hanno spostato il tema e ha fatto peggio di prima. Gilardino è andato in cortocircuito schierando Caracciolo braccetto o terzino destro. È mancata una manovra vera, è mancato il coraggio di tenere palla e risalire con ordine.

LA SOFFERENZA DEL CENTROCAMPO – Il centrocampo ha sofferto più il ritmo che la qualità. Il Lecce arrivava prima sulla seconda palla, prima sulle respinte, prima sul duello sporco. Il Pisa spesso arrivava un attimo dopo. Con la squadra bassa e la mediana incapace di tenere palla, i tre centrali si sono ritrovati a difendere a ondate, senza crollare subito ma accumulando corner, mischie e cross bassi. È una pressione che logora e, alla lunga, presenta il conto. Aebischer, Akinsanmiro e Vural, fin qui i migliori interpreti del centrocampo nella prima parte di campionato, si sono sciolti come neve al sole. Inoltre sulle corsie, dove doveva nascere l’aria, è entrata la pressione. Gli esterni sono rimasti spesso senza supporto, senza triangoli vicini per consolidare, e quando si riusciva a crossare non c’era peso in area. Se la tua arma è la fascia, devi portarci uomini, non solo metri.  Nella ripresa, per dieci minuti, con l’ingresso di Tramoni, la squadra ha provato a giocare palla a terra, ma è finita qui. Un fuoco fatuo di inutilità. 

I DUE ATTACCANTI – Davanti è mancata la connessione. Meister ha fatto una partita di contatti e palloni sporcati, ma ricevendo sempre schiacciato e senza sostegno vicino diventi inevitabilmente prevedibile. Moreo, che doveva legare, è finito più a rincorrere che a pensare, e quando rincorri poi arrivi scarico nelle poche situazioni in cui dovresti fare la scelta giusta. E’ sembrato il Moreo della stagione di Aquilani, tanta corsa, ma poca praticità. Non c’è mai stata un’azione in cui il Pisa ha costretto il Lecce a correre all’indietro con paura. Neanche una.

ERRORI FACILI – La cosa più inquietante è stata la catena di errori facili, quelli che nascono dall’insicurezza. Passaggi corti buttati via, controlli elementari, scelte affrettate. Di fatto il Pisa non ha azzeccato più di un passaggio di fila. E qui scatta il meccanismo mentale: smetti di fidarti, giochi ancora più lungo e ancora più sporco, e la partita ti scappa via. Il risultato dice 1-0, ma la sensazione è che sia stato un monologo del Lecce, che ha costruito occasioni e situazioni ripetute, mentre il Pisa è rimasto aggrappato all’idea che “oggi non entra”. Solo che quando vivi così, prima o poi l’episodio ti punisce.

IL GOL E LA MANCANZA DI IDENTITA’  – Il gol è coerente con tutto il resto: nasce da una palla persa male, arriva il cross basso e dentro l’area le letture sono lente. E’ stata un po’ la somma di una partita in cui il Pisa è stato sempre un mezzo passo indietro. E anche le scelte dalla panchina, pur non essendo la causa unica, non hanno aiutato. Questa partita, più di altre, mette a nudo un nodo: quando finisce l’entusiasmo e manca energia, il Pisa non trova una sua identità naturale. Non c’è una fase in cui rallenta, tiene palla, respira, fa correre l’avversario; e non c’è nemmeno la versione cattiva che difende e porta a casa lo 0-0 a morsi. Per questo il problema non è solo “perché hai perso”. La risposta deve essere immediata e concreta altrimenti presto questa stagione sarà da archiviare. Arrivare a gennaio indietro di tanti punti dalla zona salvezza sarebbe disastroso anche in ottica calciomercato.

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Michele Bufalino
Giornalista pubblicista pisano, nel 2009 ha scritto il libro ufficiale del Centenario del Pisa Calcio, il volume "Cento Pisa" per la CLD Libri. Nel 2010 ha portato alla luce lo scandalo delle bici truccate e collaborato con la giustizia italiana nell'inchiesta aperta dal PM Guariniello. Ha scritto "La Bici Dopata" suo terzo libro uscito ad Aprile 2011. Addetto stampa del CUS Pisa tra il 2013 e il 2015. Corrispondente da Pisa per Radio Sportiva. Conduce "Finestra sull'Arena", il talk show di Sestaporta TV in onda tutti i giovedì alle 21. Ex collaboratore de "La Nazione" di Pisa fino a marzo 2025. Scrivo anche per Qui News Pisa e collaboro con Punto Radio.