Lo 0-2 racconta solo una parte della serata. Per lunghi tratti il Pisa gioca alla pari con una delle squadre più forti del campionato, con una lista di assenti infinita e un portiere titolare cambiato all’ultimo minuto. Alla fine però il livello dei singoli dell’Inter pesa, e a fare la differenza è il suo uomo migliore.
PIU’ FORTI DELL’EMERGENZA – La partita nasce già in salita. Otto indisponibili, Semper fuori poche ore prima del calcio d’inizio, Scuffet gettato dentro senza preavviso. In questo quadro molti allenatori si chiuderebbero ancora di più. Gilardino invece sceglie continuità: difesa a tre, quinti alti, centrocampo di corsa e fisicità, due punte vere.
RISPETTO SI, PAURA NO – L’Inter prova a prendersi il pallone, ma il Pisa non si schiaccia. Touré e Meister pressano il lato sinistro di Dimarco e Bastoni, zona di solito chiave per i lombardi, che stavolta trovano pochi corridoi. Le occasioni migliori le costruisce proprio la squadra di casa. La prima avvisaglia è l’imbucata di Aebischer per Meister, che si libera ma non trova la porta. Quella vera arriva alla mezz’ora: rinvio di Scuffet, sponda di Touré, inserimento di Piccinini che calcia di poco a lato. È la fotografia del primo tempo: squadra corta, aggressiva, sempre pronta a ribaltare il campo. L’Inter arriva al tiro, ma quasi mai da posizioni davvero pulite. Scuffet deve più gestire che parare. La sensazione, all’intervallo, è di un Pisa dentro la partita, con margine per colpire.
PUNITI NEL MIGLIOR MOMENTO – Anche nel secondo tempo il Pisa comincia gagliardo nei primi 15-20 minuti. Una combinazione tra Meister e Piccinini, fa finire addosso al danese la palla in area piccola. La svolta sta nell’azione del 18’: Touré verticalizza, Nzola scappa via e si presenta davanti a Sommer. È la palla che può spostare l’inerzia del match. Il sinistro però sfila a centimetri dal palo. Da lì in avanti il peso dell’occasione mancata si sente. Poco dopo arriva il vantaggio dell’Inter. Il Pisa gestisce male, la linea difensiva non sale coi tempi giusti. Esposito trova Lautaro nello spazio, l’argentino anticipa Canestrelli e di sinistro non perdona. È l’esempio perfetto di cosa succede quando concedi mezza situazione pulita a questo tipo di attaccanti.
4-2-4 CON LORRAN – Gilardino risponde con Tramoni e Leris per dare freschezza sulle fasce, poi toglie Albiol e passa a un 4-2-4 molto offensivo, inserendo Lorran accanto alle punte. È un all-in coraggioso, ma lascia inevitabilmente campo alle ripartenze avversarie. Il raddoppio nasce proprio da una transizione veloce: Barella taglia la difesa, Lautaro attacca il primo palo e chiude la partita. Nel finale c’è anche un palo del capitano nerazzurro. È la fase in cui il Pisa è più lungo e stanco, e in cui il livello dei singoli e dei cambi dell’Inter viene fuori in pieno.
LA CHIAVE TATTICA – Se guardiamo la partita dal punto di vista tattico, si capisce bene perché il Pisa sia rimasto in piedi così a lungo. La chiave, prima di tutto, è stata il lavoro sulle fasce. Touré e Angori, con l’aiuto costante di Meister e Piccinini, hanno sporcato tutte le linee di passaggio verso il lato sinistro dell’Inter, quello dove di solito Dimarco accende la manovra. Stavolta invece il laterale nerazzurro ha avuto meno campo da attaccare e questo ha tolto molte certezze a Chivu. Ogni volta che il pallone arrivava da quella parte, il Pisa era pronto a raddoppiare, a volte anche a triplicare, costringendo l’Inter a ricominciare. In mezzo, finché la squadra è rimasta corta, la difesa è stata guidata con ordine da Albiol. Il veterano ha fatto da regista arretrato, spostando i compagni, tenendo la linea alta quando c’era da salire e proteggendo l’area quando serviva stringere. Accanto a lui Caracciolo ha vinto tanti duelli con Thuram, mentre Canestrelli ha lavorato molto in copertura sul lato di Angori. I problemi veri sono nati quando il Pisa si è allungato, complice anche la stanchezza: con più metri alle spalle e più campo da correre, gestire uno come Lautaro è diventato impossibile. Davanti, la coppia Meister-Nzola è stata perfettamente dentro il piano partita. Il danese ha tenuto una quantità enorme di palloni spalle alla porta, ha fatto respirare la squadra, ha sbagliato pochissimo dal punto di vista tecnico. Nzola ha lottato corpo a corpo con Acerbi e Akanji, dando sempre un riferimento profondo. Proprio da queste giocate sono nate le occasioni migliori. Il rammarico, qui, è tutto nella palla gol del secondo tempo: l’attaccante si ritrova davanti a Sommer, ha il tempo per scegliere il colpo e la mette fuori di un niente. In una gara così bloccata, è un episodio che pesa quanto un gol subito.

LIMITI SU CUI LAVORARE – Dall’altra parte emergono anche i limiti sui quali lavorare. La gestione dei palloni nella propria metà campo resta un tema: l’errore che porta all’1-0 nasce da una scelta sbagliata in una zona calda. Anche la concentrazione negli ultimi venti minuti, dentro l’area, non è stata la stessa dell’inizio: basta mezzo secondo di ritardo su Lautaro e sei sotto. Infine c’è il tema della cattiveria negli ultimi metri. Le occasioni costruite non sono state tante, ma erano nitide. Contro avversari di questo livello, se non le trasformi, prima o poi vieni punito.
COSA RESTA DOPO QUESTO RISULTATO ? – La classifica si complica, perché il ko fa scivolare di nuovo la squadra in zona pericolo. Ma se si guarda solo al risultato si perde il punto centrale: questo Pisa, pur in piena emergenza, è stato in partita per oltre un’ora contro una corazzata, creando più di una situazione per passare in vantaggio. E non è la prima volta. Milan, Atalanta, Roma, Napoli, Lazio, tutte squadre che hanno dovuto vendere cara la pelle per strappare un risultato. La tenuta fisica, la compattezza, la crescita di giocatori come Touré, Meister e Piccinini sono segnali importanti in vista degli scontri diretti che arrivano. Gli errori che hanno aperto la porta a Lautaro non possono essere ignorati, ma sono situazioni su cui si può lavorare: gestione delle rimesse, scelta delle giocate in uscita, attenzione nelle marcature in area. In sintesi: il Pisa esce dall’Arena senza punti, ma non senza identità. La sensazione è che la squadra abbia ormai chiaro il tipo di campionato che deve fare e gli strumenti per restare agganciata alla lotta salvezza. Servirà trasformare prestazioni così, giocate contro avversari più forti, in convinzione nei confronti delle rivali dirette. Perché se questo livello di intensità verrà riproposto con le squadre del “nostro” campionato, i risultati dovranno per forza arrivare.



