Dalle ceneri della finale playoff del 2021-22 passando per esoneri, grandi ritorni, ultimi posti e strisce positive, fino alla grande illusione di poter tornare a essere protagonisti per poi riscoprirsi deboli e privi di carattere. Un ottovolante di emozioni che passa dalla depressione alla gloria, per poi tornare alla paura, vittime di sé stessi. Ecco l’analisi di una stagione dimenticabile sportivamente, ma che deve restare bene impressa nella memoria, per non ripetere gli stessi errori.

Il primo gol di Moreo (Foto Pisa SC)

LA PARABOLA DEI TALENTI – La clamorosa e vergognosa sconfitta con la Spal ci restituisce una risposta che già sapevamo da qualche settimana, ma facevamo finta di non vedere, perché volevamo crederci fino alla fine. E alla fine la verità è che il Pisa 2022-23 non era una grande squadra, un vero collettivo. Era un gruppo di persone con ottimi curriculum e potenzialità che hanno sprecato il proprio talento scegliendo di non partecipare ai playoff. E non c’è niente di peggio, nello sport, di un talento sprecato. Forse la lezione più importante di questo campionato i giocatori dovrebbero impararla dalla parabola dei talenti contenuta nel Vangelo di Marco, un passo molto noto della Bibbia. In sostanza c’è chi, baciato dal divino, è riuscito a moltiplicare a dismisura i propri talenti, facendoli fruttare e chi invece li ha nascosti sotto terra, perdendo anche quelli. Questi ultimi fanno una brutta fine, “gettati fuori nelle tenebre dove sarà pianto e stridore di denti”. Ed è qui che il gruppo squadra, collassato, ha perso tutti i suoi talenti, danneggiando prima ancora del Pisa sé stessi e, in alcuni casi, anche le loro carriere.

Touré in azione (Foto Pisa SC)

IL CURRICULUM – Mi tornano alla mente due articoli che ho scritto su queste pagine, per i quali non mi pento e che mi sono stati rinfacciati nelle scorse ore. Il primo, risalente a questa estate, era intitolato “il Pisa è in una nuova dimensione, ma noi non ce ne siamo accorti” (link qui) e racconta di come la società sia cresciuta, facendo oggi grandi affari all’estero e in patria. Una crescita che dimostra la grande strada fatta in questi anni. Il secondo, risalente al miglior periodo del Pisa di D’Angelo, del 18 dicembre scorso, si intitolava invece “è nata una grande squadra e adesso ce ne siamo accorti” (link qui). In quel momento il Pisa era riuscito a ottenere ben 14 risultati utili consecutivi, il mercato di gennaio era alle porte e sembrava non potessero esserci limiti a ciò che i nerazzurri avrebbero potuto fare da quel momento in poi fino alla fine della stagione, in positivo. Poi, a un certo punto, la luce si è spenta di colpo. Per cercare di capire il perché però dobbiamo fare tanti passi indietro e provare a rianalizzare molte cose di questo sciagurato campionato.

Olimpiu Morutan

IL MERCATO ESTIVO – Sarebbe inutile tornare con la testa al mercato estivo, rianalizzandolo punto dopo punto (se volete farlo però è sempre valida l’analisi su Sestaporta), ma qualche riflessione a posteriori è opportuno comunque farla. Partendo dai curriculum. Chi pensa che i calciatori nerazzurri siano scarsi e voglia dare questa risposta alla causa principale del crollo di questa stagione, sbaglia di grosso e potrebbe non aver centrato il problema. Se mettiamo, curriculum alla mano, a confronto, la rosa della stagione scorsa con quella attuale, il Pisa ha fatto grandi innesti. I nerazzurri hanno riscattato Beruatto, una mossa che sarebbe stato insensato non fare, visto che si era rivelato, la scorsa stagione il miglior terzino sinistro campionato, hanno ripreso Torregrossa in prestito dalla Sampdoria, altra mossa inevitabile visto il suo grande apporto da gennaio scorso in poi, hanno acquistato Calabresi dal Lecce che era reduce dalla promozione in Serie A, hanno acquistato Lisandru, ma soprattutto Matteo Tramoni, capace di portare praticamente da solo il Brescia ai playoff lo scorso anno, hanno acquistato Barba, già reduce da una promozione in Serie A e un ottimo campionato a Benevento, hanno acquistato Ionita che, fino allo scorso anno, era il miglior centrocampista della Serie B e poi si sono buttati sul mercato estero prendendo un talento come Esteves che avrebbe dovuto crescere alle spalle di Birindelli, se quest’ultimo non avesse scelto la strada del Monza, quindi Olimpiu Morutan dal Galatasaray, una squadra abituata a vincere tanto. In mezzo anche molti giocatori rivelatesi errori di valutazione o non ancora pronti come Roko Jureskin, ancora acerbo, Simone Canestrelli, non ancora pronto a giocare ad alti livelli in Serie B, Cissè, oggetto del mistero dall’Atalanta, e poi ancora il difensore semisconosciuto Rus e Gliozzi, scartato dal Como. Quest’ultimo comunque, al netto di tutto, protagonista quest’anno dalla sua prima ‘doppia cifra’ in Serie B in carriera. A conti fatti sembravano gli acquisti giusti e, dal punto di vista professionale, il 90% di questi giocatori, erano giocatori di categoria. Due però sono stati i grandi errori, poi pagati, del calciomercato estivo. Il primo legato alle tempistiche con cui la rosa è stata completata, partendo in forte ritardo dopo un mese di casting sull’allenatore e il secondo legato al mancato arrivo di una punta di categoria.

Rolando Maran

MARAN – L’ex allenatore Rolando Maran che aveva rimpiazzato D’Angelo è stato forse anche troppo vituperato, ma non ha scusanti perché ha contribuito alla costruzione di un gruppo problematico trovandosi poi tra le mani un ‘materiale umano’ molto meno di valore rispetto all’anno scorso. Sì, umano. Dico così perché i curriculum a volte non sono tutto. Tecnicamente la squadra messa in piedi a settembre era più che valida e capace di raggiungere la zona playoff, come poi in seguito ha dimostrato, ma umanamente qualcuno ha mancato l’obiettivo. Per molto tempo però l’allenatore di Trento, al netto della sua incapacità di far sterzare la situazione a suo favore e aver pericolosamente spinto il Pisa in zona retrocessione, almeno una cosa l’aveva capita. Al Pisa mancava carattere, mancavano giocatori capaci di trascinare i compagni. Ed è stato il primo a pagare con l’esonero.

Il ritorno di Luca D’Angelo

IL RITORNO DI D’ANGELO E LA GRANDE STRISCIA – Il ritorno di D’Angelo è stato importante proprio per questo, perché serviva una figura che potesse essere capace di motivare i giocatori quando questi ultimi chiedevano a Maran delle risposte, ma anche lo stesso Maran aveva bisogno di risposte dai giocatori e la situazione si era accartocciata su sé stessa senza uno sbocco. Con D’Angelo però è stato subito idillio, il grande ritorno, il grande ex amore che risboccia con nuovi presupposti. E i presupposti c’erano. Sotto la sua gestione il Pisa è riuscito a rinascere, a ritornare alla vita, a trovare una striscia positiva di 14 risultati utili consecutivi che, dall’ultimo posto, alle porte dell’inverno, aveva portato i nerazzurri fino addirittura al quinto posto in classifica, a poca distanza anche dalla promozione diretta. Nonostante questo il Pisa aveva comunque dimostrato di avere alcuni difetti, qualcuno dei quali scoperti proprio nel corso di questa striscia. Troppi centrali difensivi, non un vero ricambio a sinistra per Beruatto, un centrocampo a cui mancava sicuramente qualcosa e un attacco a cui mancava di poter fare un ultimo salto di qualità. Inoltre, una spiccata problematica legata alla ‘pareggite’. Una striscia positiva, senza dubbio, ma non è un caso se il Pisa ha pareggiato più di aver vinto o perso, per ben 14 volte nell’arco dell’intero campionato.

Giovanni Corrado (Foto Pisachannel)

GLI ERRORI DI GENNAIO L’errore più grosso del mercato di gennaio, probabilmente e a posteriori, è stato quello di aver pensato di essere il Frosinone. Il Pisa ha infatti condotto lo stesso tipo di sessione invernale, sulla base di un presupposto in realtà corretto, visto il lavoro dei mesi precedenti. Da una parte infatti l’esigenza di non stravolgere il gruppo, dando seguito a ciò che aveva fatto sul campo d’angelo, dall’altra qualche cessione e la “messa in sicurezza” di alcuni asset, come ad esempio Torregrossa, anticipatamente. Occorreva però proteggere di più la fascia sinistra, dando un po’ di concorrenza in più a Beruatto, migliorare il tasso tecnico del centrocampo e acquistare quell’attaccante che, a inizio mercato estivo, non era arrivato. Da questo punto di vista il Pisa, più che sulla grande punta, ha puntato su Gliozzi, inseguendo e acquistando Moreo, strapagandolo, sperando che potesse, con le sue caratteristiche, adattarsi agli altri. Invece la coppia Gliozzi-Moreo non è mai decollata. E questa è semplicemente mancata alchimia. Ma sarebbe ingiusto e anche troppo facile attaccare un lavoro di fino più che legittimo, per non delegittimare ciò che è stato fatto dal gruppo fino a quel momento. Resta l’interrogativo sulla gestione di Sibilli, risolta dallo stesso D’Angelo quando il giocatore aveva già le valige in mano.

Torregrossa (Foto Pisa SC)

SPRECO DI TALENTO – Qui si torna alla parabola dei talenti. Perché lo stesso Pisa che aveva fatto così bene da arrivare a coltivare sogni di gloria, com’è arrivata la primavera si è spento di colpo, sciogliendosi come neve al sole. Inspiegabile, incredibilmente assurdo, quello che sul campo è avvenuto, con una progressiva involuzione tecnica, tattica, motivazionale e umana, che ha portato la squadra letteralmente a implodere su sé stessa, tanto che tutti facciamo fatica a credere che non sia davvero successo qualcosa e non si sia spaccato lo spogliatoio. Il Pisa, per parlare con la lingua dei samurai, ha fatto harakiri, suicidandosi lì dove sarebbe bastato veramente poco a centrare l’obiettivo. Sarebbe bastata una sola vittoria nelle ultime 8 partite per centrare i playoff con almeno due gare “finte” come il primo tempo contro il Frosinone. Quando poi i vincitori del campionato di Serie B si sono resi conto che i nerazzurri non avrebbero affondato il colpo, alla fine lo hanno affondato loro. L’altra gara ‘finta’ che è somigliata più a una delle più inutili amichevoli estive è stata quella con la Spal, ma i già retrocessi avversari hanno avuto molta più dignità dei nerazzurri, vincendo e onorando, per quanto possibile, la maglia e il loro mestiere. Come dicevo quello del Pisa è uno spreco di talento, perché giocatori dall’ottimo curriculum hanno deciso anche di danneggiare loro stessi.

Gliozzi in gol dal dischetto

MANCATA ALCHIMIA – Alla fine tutto si può riassumere però in un unico concetto. È mancata l’alchimia. Puoi acquistare anche i giocatori più forti del mondo, ma se non si trovano tra loro e non nasce quel sentimento e voglia di far gruppo, non si va da nessuna parte. È una stagione per certi versi paragonabile, sportivamente, a quella del Braglia bis, il 2014-15, quando le tante spese per mettere in piedi una squadra per promuovere, con calciatori di primo piano, produssero un campionato senza infamia e senza lode. Era la Serie C e non la Serie B, ma il risultato non cambia. Al netto di tutto, quando D’Angelo in conferenza stampa disse, a ottobre 2022 “La squadra dello scorso anno aveva tanti valori morali, se questa avrà gli stessi valori morali sarà imbattibile. Tecnicamente è superiore”, aveva già capito tutto.

FRAGILITA’ MENTALE STRUTTURALE – Due parole però vanno dette anche sul concetto di “fragilità mentale strutturale” che ha fatto sgranare gli occhi a molti. Mi è sembrata più una scusa, un alibi che non sarebbe appartenuto, ad esempio, a un direttore come Roberto Gemmi, dalla quale bocca non sarebbe mai emerso un concetto di questo tipo. Al netto di quanto sia potenzialmente grave un problema mentale che può affliggerti, tanto da renderti inerme di fronte alla tua professione e vita, in certi casi, questo è il problema più grosso da risolvere all’interno della squadra e della società Pisa. Sistemato questo, individuata l’origine del male, tutto avrà più senso a cascata.

Alexander Knaster (Foto Sestaporta)

TROPPI SOLDI – A conti fatti, i circa 20 milioni messi sul piatto per fare la squadra sono troppi per un undicesimo posto raggiunto. 2,5 milioni per Moreo, 1,8 milioni per Torregrossa, 1,8 milioni per Canestrelli, 500 mila euro per Rus, potenziali 5,5 milioni per Morutan, 6 per Esteves, 4 milioni per i fratelli Tramoni, 2,1 milioni di euro per il riscatto di Beruatto. A conti fatti il Pisa potrebbe spendere, a fine stagione quasi 25 milioni di euro, più 16 dagli stipendi. Questa stagione quindi si configurerebbe come la più costosa di sempre. È vero che la dirigenza ha speso tanto, ma il Pisa non ha speso ‘solo’ per andare in Serie A, ma per un progetto da medio-lungo termine e questo non dobbiamo dimenticarlo. Qualcosa dovrà essere salvato nel lungo periodo, ma gli obiettivi del breve periodo sono stati tutti falliti. E questo, nell’economia della stagione, deve pesare.

TUTTI RESPONSABILI – Sarebbe altrettanto ingiusto ascrivere le colpe solo ai giocatori, ma nel pozzo delle responsabilità ci finiscono tutti, dai direttori Claudio Chiellini e Giovanni Corrado fino all’allenatore Luca D’Angelo. Per quanto riguarda i primi dovranno mettersi a tavolino e capire davvero dove hanno sbagliato. Attenzione però a non fare errori diversi, ma comunque gravi. Giovanni Corrado ieri sera ha detto una cosa giusta, ma che se non declinata nel giusto modo potrebbe essere potenzialmente problematica: “Dobbiamo ancora capire dove abbiamo sbagliato e nelle prossime settimane analizzeremo il passato per costruire il futuro”. Giusta perché è dalla storia si può imparare, ma potenzialmente pericolosa perché rimanere troppo fermi sul passato potrebbe essere deleterio. Perdersi troppo in analisi senza trovare il bandolo della matassa rischia di far rimanere ancorata la società in una strada senza uscita. Quindi le risposte dovranno arrivare e dovranno arrivare presto, anche se è già un mese e mezzo che la soluzione non è stata trovata, altrimenti sarà la fine di un ciclo e Knaster dovrà decidere di cambiare anche parte della dirigenza. Già, Alexander Knaster, la fortuna di Pisa. Un proprietario che ha sempre messo tutti a loro agio, dai tifosi ai giocatori passando per i dirigenti, rifiutando la luce dei riflettori. Ad oggi nessuno ha idea di cosa abbia in mente la proprietà e l’unica cosa che emerge è la volontà di continuare a investire per raggiungere la Serie A. E tanto basta.

D’Angelo dirige gli allenamenti

DUE PAROLE SU D’ANGELO – Dicevamo che, tra i responsabili, non si salva neanche Luca D’Angelo. L’uomo della rimonta, l’allenatore dei record, il salvatore della patria. Eppure anche il tecnico nerazzurro, a un certo punto, si è perso. Ha perso il polso della situazione, non è riuscito a invertire la tendenza pur avendoci provato. Non si sa che fine farà l’allenatore che, in questi cinque anni, ha fatto innamorare e ammirare in tanti. Di sicuro, anche se ha un anno di contratto, perché scade a giugno 2024, è uno dei maggiori indiziati a profonde riflessioni, perché è il calcio che vuole che siano gli allenatori a pagare per primi. L’altro maggiore indiziato sarà Claudio Chiellini, il cui contratto, in scadenza a giugno 2023, al momento non è stato ancora rinnovato e si vocifera di un suo approdo al Sassuolo o di un ritorno alla Juventus. È però difficile trovare un allenatore di una levatura morale così alta come lo è stato in questi anni Luca D’Angelo. Un tecnico che ha sempre messo davanti a sé la professione e il gruppo che ha protetto e difeso anche quando era un manipolo di cani sciolti indifendibile. Un allenatore che non si è mai vergognato di dire quello che pensa e una persona “vera”, tanto davanti alle telecamere, quanto a telecamere spente. Ecco perché, seppure sia dentro il pozzo dei responsabili anche lui, rimane comunque il meno responsabile di tutti, per aver cercato di trasformare una squadra che non aveva neanche costruito lui, pur fermandosi a metà del lavoro. Se e quando Pisa perderà D’Angelo, avrà perso davvero molto sotto ogni punto di vista.

Knaster e Corrado

IL FUTURO – E ora? Non sia la ‘rivincita’ dei bubbolatori, di quelli che vogliono distruggere a tutti i costi e non ricostruire, di chi per personalismi oggi, invece di essere triste e affranto, e pensare a qual è il bene del Pisa, si sta invece sfregando le mani e va in giro in città a testa alta, pensando di essere un intenditore di calcio, predicando il “te l’avevo detto”. Persone tristi e infelici. Io non ho paura ad ammettere di aver sopravvalutato questa squadra, specialmente dal punto di vista umano, ma la giusta mentalità è quella di pensare subito al futuro e il più grande degli errori sarebbe fare “tabula rasa” della rosa. Non tutto è da buttare e sarebbe sbagliato soprattutto dal punto di vista sportivo, perché c’è ancora tanto materiale tecnico da salvaguardare e per il quale basterebbe, dopo una apposita e pesante potatura di rami secchi, integrare con ‘criminali’ di prima categoria, quei giocatori capaci di vincere le partite nei sottopassaggi, per poter concorrere alla Serie A dalla porta principale. C’è tutto il tempo di programmare il futuro, ben 3 mesi e mezzo per arrivare pronti all’ultimo giorno di calciomercato. Smantellare sarebbe anche un errore dal punto di vista imprenditoriale e degli investimenti per una società che parteciperà, anche se come magra consolazione, al quinto campionato di Serie B consecutivo. Se per qualcuno è finito un ciclo però, occorrerà cambiare parte dei vertici o vendere al meglio questi giocatori, per recuperare capitali e reinvestirli. Ci attendono giorni di silenzi e riflessioni e, ai primi di giugno, chissà forse anche prima, arriveranno le prime risposte sul futuro.

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Michele Bufalino
Giornalista pubblicista pisano, nel 2009 ha scritto il libro ufficiale del Centenario del Pisa Calcio, il volume "Cento Pisa" per la CLD Libri. Nel 2010 ha portato alla luce lo scandalo delle bici truccate e collaborato con la giustizia italiana nell'inchiesta aperta dal PM Guariniello. Ha scritto "La Bici Dopata" suo terzo libro uscito ad Aprile 2011. Addetto stampa del CUS Pisa tra il 2013 e il 2015. Corrispondente da Pisa per Radio Sportiva. Conduce "Finestra sull'Arena", il talk show di Sestaporta TV in onda tutti i giovedì alle 21. Collaboratore de "La Nazione" di Pisa da agosto 2018