Un anno fa, di questo periodo, eravamo dipinti come criminali, nascosti nei cespugli pronti all’assalto gratuito contro chiunque. Adesso, guadagniamo servizi sui Tg e pagine dei giornali perché siamo diventati “angeli del fango” e modello di vita. Questi due ritratti non ci appartengono, nella stessa misura. Non ci appartengono, e ci infastidiscono, perché in ogni caso si parla di noi senza conoscenza, senza capire niente, senza provarci nemmeno, e non importa se in questo secondo caso la valutazione è “positiva” perché anche qui i termini sono sbagliati, i toni esagerati, la visione distorta.

Non vediamo nessuna notizia nel fatto che la Curva Nord, e appartenenti ad essa, abbiano portato e continuino a portare aiuto alla popolazione e alla città di Livorno colpita dall’alluvione, tra morti e case distrutte, famiglie rovinate e qualcosa ancora da salvare. Se ne stupisce, e sottolinea con enfasi il gesto, chi pensa che dietro agli ultras non ci siano persone normali ma, appunto, criminali o animali contro i quali scatenare la più implacabile repressione alla prima intemperanza o al primo passo fuori dagli schemi. Chiunque, di fronte a quanto accaduto, si sarebbe adoperato per portare aiuto: siamo uomini, ci sono valori di solidarietà che vanno al di là delle dinamiche di stadio, del giusto campanilismo e anche delle acredini passate. Era ovvio che i pisani, ultras e non, sarebbero accorsi a spalare il fango, e lo stesso avrebbero fatto i livornesi a parte inverse: sono due città a venti chilometri, tutti hanno un amico, un parente, un qualcosa che lega alla parte rivale, ed è anche tutto ciò a rendere più immediato, concreto, e sentito, l’aiutarsi reciproco, non una ricerca di visibilità, l’esigenza di passare per i “buoni” della situazione o ancor peggio la voglia di levarsi di dosso un’etichetta per vedersene appiccicare un’altra.

Abbiamo dovuto leggere, invece, molti commenti, positivi, alcuni negativi, addirittura, come si diceva, un servizio del Tg Regionale, con le persone impegnate a spalare e a cui veniva chiesto un parere sui pisani accorsi in aiuto, come se questo dovesse migliorargli la giornata e non fosse più importante, al contrario, utilizzare quei minuti e quello spazio per mostrare i veri problemi delle famiglie in difficoltà o invitare le altre persone ad intervenire per dare una mano. Si è parlato del nulla: sarebbe stata una “notizia” se non avessimo scritto e appeso lo striscione sotto Curva, che è il nostro modo, diretto, di comunicare con la città, oppure se ci fossimo dimostrati insensibili o peggio cinici, se avessimo confuso le citate “dinamiche di stadio” con la vita vera, ma questo non lo facciamo e non lo abbiamo mai fatto, non dobbiamo dimostrare di essere persone normali, viviamo nello stesso mondo di tutti gli “altri” che amano spesso osservarci da lontano e poi sparare sentenze o cercare di interpretare il nostro pensiero o indicarci la retta via.

“Bravi, bel gesto. Quindi al derby non vi offenderete”. Certo che ci offenderemo a vicenda. Per quanto ci riguarda, non la città di Livorno in modo becero. Sfotteremo gli ultras rivali. E loro, se presenti, risponderanno. E ci provocheremo. E ci ricorderemo passati “episodi” in cui è andata meglio all’uno o all’altro. E saremo pungenti con gli striscioni. Loro risponderanno. Magari nei giorni precedenti ci saranno scritte ironiche. Forse una scazzottata pre-gara. Anche questo è essere ultras e non ci rinunceremo come non ci rinunceranno i cugini ma non esclude che poi si vada a spalare il fango o che ci si senta per organizzare gli aiuti o che ci siano amici sui due fronti e che non sia un odio “etnico” ma una rivalità forte a livello di pelle, di città o di stadio. E se per Livorno nutriamo astio, e non odio, ci comporteremmo nello stesso modo nei confronti di altre tifoserie che non rispettiamo, perché non si comportano da ultras, perché si vantano di usare i coltelli, perché hanno offeso i nostri morti: aiuteremmo lo stesso le persone in difficoltà.

E dispiace se queste considerazioni lucide smonteranno qualche luogo comune di cui si nutre la repressione, che non vorrebbe soltanto punirci per qualche errore ma negare e minare la possibilità stessa di una nostra esistenza o sopravvivenza dipingendoci puntualmente alla stregua di associazione a delinquere o peggio di un branco di animali senza cervello. Ci dispiace se continuiamo ad essere anti-economici, o sfuggenti, o autonomi nelle decisioni, o puntigliosi e attenti quando si parla di noi, e rigidi nel difendere la città, la maglia, la squadra, e tutto quello che ruota attorno. Siamo ultras e siamo persone, siamo casino e coreografie, siamo diffide di otto anni e famiglie in Curva Nord con i bambini, siamo questo e c’è dentro tutto, gli sfottò e le strette di mano, comunque la vorranno pensare non ci riguarda perché rispettiamo solo la nostra coerenza e l’orgoglio per quello che realizziamo ogni giorno e non solo quando ci fanno passare da “buoni” al telegiornale.

I Gruppi Ultras della Curva Nord Maurizio Alberti

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